Le parole di Mazzini e Cattaneo all’Italia del 2000/Antologia di scritti Dal Risorgimento una lezione per il presente "Mazzini e Cattaneo parlano agli italiani del Duemila" è una raccolta, di prossima pubblicazione, di scritti dei due grandi pensatori e patrioti, coordinata da Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini-Nuova Antologia, con prefazione di Francesco Nucara, introduzione dello stesso Ceccuti e postfazione di Luigi Tivelli, consigliere parlamentare della Camera dei deputati ed editorialista. Di seguito anticipiamo la prefazione di Francesco Nucara. di Francesco Nucara Scrivo queste note proprio nei giorni in cui sono stato costretto, a nome del Partito che rappresento, a portare in tribunale Bruno Vespa, la Mondadori e la Rai, per le vergognose e infondate affermazioni e circostanze relative alla vita sia pubblica, sia privata di Giuseppe Mazzini, contenute in un libro tanto voluminoso quanto poco seriamente documentato come "Il Cuore e la Spada", firmato dal dr. Vespa e ampiamente pompato in una serie infinita di interviste televisive e giornalistiche del suo autore. Interviste in cui, a fondamento di un sommario giudizio negativo sull’apostolo genovese, lo stesso Vespa ha reiterato le molteplici affermazioni ingiuriose ed offensive su Giuseppe Mazzini, gravemente diffamato, insieme al Partito Repubblicano che ne è l’erede, a circa centotrent’anni dalla morte. Noi siamo figli dell’altra "Italia", quella che ha generato i germogli migliori, con Mazzini e Cattaneo, del Risorgimento e, che ha gettato i semi migliori, con i fratelli Rosselli, Giustizia e libertà e i martiri repubblicani, della Resistenza. Siamo figli di quelle che la miglior storiografia ha definito le 3 R, Risorgimento, Resistenza, Repubblica. In "questa Italia" invece si usa l’occasione del centocinquantesimo per disseminare, da convenienti e facili tribune televisive, germi di dissacrazione e di diffamazione sui veri Padri della Patria, credo più per farsi pubblicità che per gusto della dissacrazione, che non mi pare certo la prima caratteristica dell’autore in questione. Nell’atto di querela c’è una premessa che sta alla base anche della scelta di promuovere questo volume, che testualmente recita: "Premesso che il Partito repubblicano italiano è il più antico partito politico italiano; che massimo esponente del movimento politico-culturale nel quale i valori del partito repubblicano affondano le proprie radici, e principale ispiratore della linea politica, anche attuale, del Pri è stato (ed è tutt’ora) Giuseppe Mazzini; che la vita e le opere del noto personaggio storico e politico rappresentano il patrimonio imprescindibile del partito; e sia l’esistenza del gruppo, sia lo stesso presupposto per l’adesione al Pri si fondano sul rispetto e la condivisione della dottrina dell’uomo politico citato". C’è un altro padre nobile del pensiero repubblicano, accanto a Mazzini. Un pensatore che ha avuto meno fortuna e meno eredità politiche esplicite, in quanto le sue opere massaggiano e alimentano le menti, ma riscaldano il cuore e mobilitano gli animi meno del pensiero e dell’azione di Giuseppe Mazzini. Si tratta di Carlo Cattaneo, grande pensatore figlio del miglior pensiero illuminista (mentre Mazzini attingeva più al romanticismo), tanto ad impronta positivista e laica, quanto Mazzini era invece a forte impronta spiritualista. Se noi pensiamo ai temi in testa all’agenda del confronto politico istituzionale in questa prima metà del 2011, non a caso vi troviamo proprio l’impronta inconfondibile di Mazzini e di Cattaneo. E’ infatti all’ordine del giorno in primo luogo la questione dell’identità nazionale, del senso e del ruolo della nazione, per la quale nel pensiero e nell’azione di Mazzini si trovano i capisaldi migliori ed immarcescibili. C’è poi all’ordine del giorno del Paese la questione del Federalismo, a volte minacciata come una clava, a volte sbandierata come un vessillo di plastica, ma fondamentale per il futuro del Paese e per la ricostruzione di una seria unità nazionale. E i capisaldi di un vero e serio federalismo sono stati gettati in modo incontrovertibile da Carlo Cattaneo. Siamo quindi orgogliosi di appartenere ad un piccolo partito che è però il primo erede legittimo di questi due filoni di pensiero, che rappresentano l’anima più profonda della nazione. Certo, centocinquant’anni fa l’unità nazionale fu costruita con l’impronta monarchica, e dovemmo attendere oltre ottant’anni per avere quell’assemblea costituente e quella repubblica che erano i pilastri e la meta del pensiero e dell’azione di Giuseppe Mazzini. Così come abbiamo dovuto aspettare centodieci anni dall’unità per avere quelle regioni che erano il fulcro nel disegno statuale di Cattaneo, ed altri trent’anni per avere una pur pasticciata riforma in senso federalista della Costituzione, e quell’altro altrettanto pasticciato federalismo fiscale che si sta tentando di completare mentre scrivo. Tornando a Giuseppe Mazzini, è a lui che si deve, con la fondazione prima della Giovane Italia, poi della Giovane Europa, poi del Partito d’Azione, la stessa origine del Partito Repubblicano. Certo, nella travagliata storia d’Italia hanno tentato via via di appropriarsene in molti, dopo che nel primo ventennio dopo l’unità d’Italia si era tentato di oscurarne la memoria, per l’ovvia ragione che un grande repubblicano non poteva aver posto nella nuova Italia monarchica. Tant’è che nella seduta della Camera dell’11 marzo 1872, il giorno dopo la sua triste scomparsa, la Camera dei Deputati approvò all’unanimità un ordine del giorno di cordoglio, senza però che nessuno potesse pronunciare qualche parola di omaggio all’opera dell’Apostolo genovese, per un esplicito divieto del presidente dell’Assemblea. Poi si passò dall’emarginazione "all’istituzionalizzazione", come ricorda Giovanni Belardelli nel suo bel libro "Mazzini" (Il Mulino), includendo Mazzini nel Pantheon dell’Italia monarchica, a cominciare dall’erezione a Roma di un monumento nazionale, deliberata dal Parlamento nel marzo ‘90. E così Mazzini, insieme a Vittorio Emanuele II, Cavour e Garibaldi, fu incluso nel quartetto ufficiale dei Padri della Patria. Ovviamente di spirito ben diverso fu il rilancio della figura di Mazzini operato da un grande sindaco di Roma di orientamento democratico-repubblicano come Ernesto Nathan. Poi, tale rilancio proseguì, ed ebbe il suo apice con le celebrazioni per il cinquantesimo dell’unità d’Italia del 1911, durante le quali il Presidente del Consiglio Luigi Luzzatti evocò nell’orazione più solenne "i quattro del Risorgimento". Il tutto proseguì nell’età giolittiana fino alla strumentalizzazione perversa di Mazzini da parte di un malaccorto nazionalismo nostrano, prima e dopo la prima guerra mondiale; la sua figura fu evocata tra l’altro dal Presidente del Consiglio Orlando in un discorso solenne alla Camera del 20 novembre 1918. Soprassiedo volentieri sull’indecoroso tira molla e distorsione della figura di Mazzini operata da certo fascismo, anche perché il vero Mazzini fu poi recuperato dagli artefici dell’ "altra Italia", cioè dagli antifascisti del Partito Repubblicano, di Giustizia e Libertà, del Partito d’Azione, memori anche di ciò che Felice Cavallotti scrisse di Garibaldi nel 1880: "Altra Italia sognavi! Un’altra meta accarezzavi nell’ingenua testa! Povero vecchio! Il desiderio acqueta! Ecco l’Italia dei tuoi sogni è questa!" Fortunatamente invece i sogni dell’antifascismo repubblicano e mazziniano, almeno in parte, con la Repubblica e la Costituente, si realizzarono. Anche se negli anni successivi a noi repubblicani sono tornate spesso all’orecchio le parole che Pirandello attribuì a Lando Laurentano nel romanzo I Vecchi e i giovani: "Soffocati dalle cosiddette ragioni di stato gl’impeti più generosi, la nazione era stata messa su per accomodamenti e compromissioni, per incidenze e coincidenze…". Quanto ai repubblicani in Repubblica, vale sempre quello che scrisse Carlo Rosselli, nel 1931, in una lettera ad uno studioso inglese: "Agiamo nello spirito di Mazzini, e sentiamo profondamente la continuità ideale fra la lotta dei nostri antenati per la libertà e quella di oggi". Nel tempo infatti abbiamo assorbito l’eredità migliore anche tramite Ugo La Malfa e Leo Valiani, pure dell’altro partito che si ispirava agli ideali mazziniani, il Partito d’Azione. E successivamente, soprattutto con Giovanni Spadolini, abbiamo tante volte richiamato il pensiero e lo spirito dell’ "altra Italia". Abbiamo sempre fatto nostra tra le altre, l’ispirazione di Arcangelo Ghisleri che, pur stimando le idee di Cattaneo più di quelle di Mazzini, aveva finito per rivalutare Mazzini dal punto di vista morale, in quanto, come scrisse nel 1898, Mazzini è "di perenne attualità": "E’ il conforto, il Vangelo, l’eccitamento della fede, il consolatore delle delusioni, il pascolo dell’anima per chiunque crede in un grande ideale di miglioramento umano". Quanto a Cattaneo, rimane perenne l’intreccio imprescindibile, che emerge con chiarezza nei brani contenuti nel libro, tra federalismo e libertà, intesa come primo fondamento dell’umanità. Ma sia in Mazzini che in Cattaneo c’è un patrimonio di enorme attualità, di cui non pretendiamo certo di essere gli unici eredi. Nel loro pensiero e nella loro azione (che per Cattaneo si sviluppò soprattutto nelle cinque giornate di Milano del 1848) rimangono tracce inconfondibili, che sono il pilastro per ogni democrazia, a cominciare dai valori della patria, della libertà, delle autonomie, dell’educazione, della morale. C’è poi l’eredità mazziniana sul nesso inscindibile fra diritti e doveri, recata dalle pagine scolpite in modo indelebile nei "Doveri dell’uomo". Un testo che contiene una vera religione laica fondata sul sacrificio e sul dovere, più che mai necessario e attuale in un paese in cui tutti hanno anche eccessiva consapevolezza di molti propri diritti (o vantati tali), e in cui si è in larga parte smarrito il senso dei doveri, e spesso anche quello del dovere. Diversa era la consapevolezza in altri tempi, in cui, su impulso primario del già ricordato Nathan, nel 1901 la Camera approvò (e nel 1903 entrò ufficialmente in vigore) l’adozione di "Dei Doveri dell’Uomo" come libro di testo per tutti gli istituti elementari e secondari, anche se, a dire il vero, come ricorda Giovanni Belardelli nel libro già citato, il testo fu purgato dai passaggi antimonarchici, con aspre critiche da parte dei mazziniani. Ovviamente poi la parte cattolica osservò invece che la lettura del testo avrebbe, come ricorda Finelli ne "Il monumento di carta", "avvelenato" la gioventù e trasformato le scuole in "uffici di arruolamento per le logge massoniche". Spesso invece, in questi anni poco consolanti, abbiamo a che fare con "patrioti" che ben poco possiedono il senso del dovere e della patria, e con federalisti che non hanno mai letto Cattaneo e che non conoscono il senso profondo del legame fra federalismo e libertà. Ma non a caso coloro che più hanno a cuore il destino della Nazione, e che hanno incarnato e incarnano la carica più imparziale della Repubblica, prima il Presidente Ciampi e oggi il Presidente Napolitano, in un’opera assidua e tenace di recupero e valorizzazione del senso della Patria, hanno collocato Mazzini al primo posto sul podio dei Padri della Nazione. Chissà se la lettura di queste pagine selezionate con cura tra la mole degli scritti dei grandi pensatori, e ancora oggi di grande attualità, che vogliamo offrire al dibattito politico culturale, può generare nuove consapevolezze su quelli che sono i valori fondanti per ogni democrazia. |